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— 19 — russi e tartari |
Kiatka sulla frontiera mongola, e di là con 30 kopek per parola, la posta trasporta i dispacci a Pekino in quattordici giorni.
Gli è questo filo teso da Ekaterinburgo a Nikolaevsk, che era stato reciso prima, un po’ innanzi di Tomsk, e qualche ora dopo tra Tomsk e Kolyvan.
Ed è per ciò che lo czar, dopo la seconda comunicazione avuta dal generale Kissoff, non aveva risposto che queste sole parole: un corriere all’istante!
Lo czar era di qualche tempo immobile alla finestra del suo gabinetto, quando gli uscieri aprirono di nuovo la porta:
— Entra, generale, disse lo czar con voce breve, e dimmi tutto quanto sai di Ivan Ogareff.
— È uomo pericolosissimo, sire, disse il gran mastro di polizia.
— Aveva grado di colonnello?
— Sì, sire.
— Era un ufficiale intelligente?
— Intelligentissimo, ma non si lasciava dominare ed aveva un’ambizione sfrenata, che non dava indietro per checchessia. Non tardò a gettarsi in segreti intrighi, ed è allora che fu cassato dal suo grado e poi esiliato in Siberia.
— E quando ciò?
— Due anni sono. Graziato dopo sei mesi di esilio per favore di Vostra Maestà, rientrò in Russia.
— E di poi non tornò in Siberia?
— Sì, sire, ma questa volta volontariamente, rispose il gran mastro di polizia.
Ed aggiunse abbassando un po’ la voce:
— Una volta, sire, quando si andava in Siberia non se ne tornava più.