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sopra ogni cosa il dovere

contro i Kirghizi e contro i Tartari. Ma abbandonati dopo che il governo moscovita credeva quelle orde ridotte ad una sommissione assoluta, non potevano più servire, precisamente allora che sarebbero stati tanto utili; la maggior parte di quei fortilizî erano stati ridotti in cenere, e nugoli di fumo, che i battellieri mostravano a Michele Strogoff nell’orizzonte del mezzodì, indicavano l’accostarsi dell’avanguardia tartara.

Appena la chiatta ebbe deposto il tarentass e la sua muta sulla riva destra dell’Ichim, la via della steppa fu ripresa con gran velocità.

Erano le sette pomeridiane, il cielo era annuvolato, e più volte cadde pioggia d’uragano, che se non altro bagnava la polvere e rendeva le strade migliori.

Michele Strogoff, dopo Ichim, era rimasto taciturno; pur stava sempre attento a preservare Nadia dalle fatiche di questa corsa senza tregua nè riposo; ma la giovinetta non si lamentava. Essa avrebbe voluto dar le ali ai cavalli del tarentass. Qualche cosa gli gridava che il suo compagno aveva ancora più fretta di lei medesima di giungere ad Irkutsk, e quante verste ne li separavano ancora!

Le venne anzi in mente che se Omsk era invasa dai Tartari, la madre di Michele Strogoff, che abitava questa città, correva pericoli di cui suo figlio doveva inquietarsi estremamente e che ciò bastava a spiegare la sua impazienza di giungere presso a lei.

Nadia credette adunque ad un certo momento di dovergli parlare della vecchia Marfa, della solitudine in cui ella poteva trovarsi in mezzo a quei gravi avvenimenti.