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— 43 — una provocazione |
— Mi sta a cuore di evitare qualsiasi difficoltà.
— Quand’è così, signor Korpanoff, disse Alcide Jolivet, non ci rimane più che ringraziarvi ancora una volta del servizio che ci avete reso e del piacere che abbiamo avuto viaggiando in compagnia vostra.
— Del resto è possibile che c’incontriamo fra qualche giorno ad Omsk, disse Harry Blount.
— È possibile infatti, rispose Michele Strogoff, poichè io ci vado direttamente.
— Ebbene, buon viaggio, signor Korpanoff, disse allora Alcide Jolivet, Dio vi guardi dalle teleghe.
I due corrispondenti stendevano la mano a Michele Strogoff coll’intenzione di stringergliela colla massima cordialità, quando s’udì al difuori il rumore di una carrozza.
Quasi subito la porta dell’ufficio s’aprì bruscamente, ed apparve un uomo.
Era il viaggiatore della berlina, un individuo dall’aspetto militare, sulla quarantina, alto e robusto, colle spalle larghe e folti mustacchi che si congiungevano ai favoriti rossi. Portava un’uniforme senza insegna, una sciabola di cavalleria pendeva alla sua cintola, ed egli teneva in mano uno staffile a manico corto.
— Dei cavalli, chiese egli in aria d’uomo avvezzo a comandare.
— Non ho più cavalli disponibili, rispose il mastro di posta inchinandosi.
— Me ne occorrono sull’istante.
— È impossibile.
— E che sono quei cavalli aggiogati al tarentass che ho visti alla porta?
— Appartengono a questo viaggiatore, rispose il mastro di posta mostrando Michele Strogoff.