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viaggiatori in pericolo

giunto la telega, che era coscienziosamente impantanata fino al mozzo delle ruote. Si comprenderà benissimo come uno sforzo vigoroso dei cavalli avesse separato le due parti del veicolo.

Uno dei cavalli di fianco del tarentass fu aggiogato con corde alla cassa della telega. I due giornalisti ripresero posto sulla panca del loro singolare equipaggio, e subito le carrozze si posero in movimento. Del resto non avevano più che a discendere le balze dell’Ural, il che non offriva veruna difficoltà.

Sei ore dopo, i due veicoli, l’uno dietro all’altro, giungevano ad Ekaterinburgo senza che alcun incidente avesse segnalato la seconda parte del loro viaggio.

Il primo individuo che i giornalisti videro sulla porta della casa di posta fu il loro iemschik, che pareva aspettarli.

Questo degno Russo aveva, in verità, aspetto bonario; senza impaccio di sorta, coll’occhio sorridente, si fece innanzi ai viaggiatori, chiedendo la mancia.

La verità ci obbliga a dire che il furore di Harry Blount scoppiò con violenza affatto britannica, e che se l’iemschik non si fosse prudentemente tirato indietro, un pugno, assestato con tutte le regole della boxe, gli avrebbe data la mancia sulla faccia.

Alcide Jolivet, invece, vedendo quella collera, non stava in sè dalle risa.

— Ma egli ha ragione, il povero diavolo! È nel suo diritto, mio caro confratello; non è già colpa sua se non abbiamo trovato il modo di seguirlo!

E cavando di tasca alcune monete e consegnandole all’iemschik: