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michele strogoff

non aveva potuto ingannarsi; era proprio giunto fino a lui lo sparo di un’arma da fuoco.

Ad un tratto s’udi un formidabile grugnito, seguíto da due spari.

— Un orso! esclamò Michele Strogoff, che non poteva ingannarsi. Nadia! Nadia!

E, traendo dalla cintola il suo coltellaccio, Michele Strogoff si slanciò con un balzo formidabile e fece il giro del contrafforte, dietro cui la giovinetta aveva promesso di aspettarlo.

I pini, allora divorati dalle fiamme dal fusto alla vetta, illuminavano largamente la scena.

Al momento in cui Michele Strogoff giungeva al tarentass, una mole enorme rinculò fino a lui.

Era un orso di gran dimensioni: la tempesta l’aveva cacciato dai boschi che facevano irta quella scarpa dell’Ural, ed esso era venuto a cercar rifugio in quel cavo, suo ricovero abituale senza dubbio, allora occupato da Nadia.

Due dei cavalli, spaventati dall’enorme animale, spezzando le redini, si diedero alla fuga, e l’iemschik, non pensando che alle sue bestie, dimentico chè la giovinetta rimaneva sola in faccia all’orso, si era dato ad inseguirli.

La coraggiosa Nadia non aveva perduto la testa. L’animale, che non l’aveva vista sulle prime, si era fatto addosso all’altro cavallo. Nadia, lasciando il vano in cui s’era accoccolata, era corsa alla carrozza, aveva preso delle rivoltelle di Michele Strogoff, e movendo arditamente incontro all’orso aveva fatto fuoco a bruciapelo.

L’animale, leggermente ferito alla spalla, si era rivolto contro la giovinetta; costei girò intorno al tarentass, il cui cavallo cercava di spezzare le redini. Ma, perduti nella montagna questi cavalli,