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— 21 — viaggiatori in pericolo |
— Comica niente affatto, rispose l’Inglese.
— Ma sì, confratello! Voi non sapete pigliar le cose pel loro buon verso...
— Fate il piacere di dirmi come potremo continuare il nostro viaggio! esclamò Harry Blount.
— Nulla di più semplice, rispose Alcide Jolivet.
Voi vi aggiogherete al nostro mozzicone di carrozza; io piglierò le redini, vi chiamerò il mio piccioncino, o la mia colombella, come un vero iemschik, e voi camminerete come un vero cavallo da posta.
— Signor Alcide Jolivet, rispose l’Inglese, questo scherzo passa i confini!...
— Calma, confratello; quando sarete bolzo, vi sostituirò io, ed avrete il diritto di chiamarmi lumaca o tartaruga se non vi farò pigliare un galoppo d’inferno.
Alcide Jolivet diceva tutte queste cose con tale buon umore, che Michele Strogoff non potè astenersi dal sorridere.
— Signori, disse esso allora, vi è di meglio a fare. Noi siamo giunti qui alla zona superiore della catena dell’Ural, e perciò non abbiamo più che discendere le balze della montagna. La mia carrozza è là, a 500 passi indietro; vi presterò uno dei miei cavalli, lo aggiogheremo alla cassa della vostra telega, e domani, se non accade alcun accidente, arriveremo ad Ekaterinburgo insieme.
— Signor Korpanoff, rispose Alcide Jolivet, ecco una proposta che parte da un cuore generoso.
— Aggiungo, signori, rispose Michele Strogoff, che se non vi offro di salire nel mio tarentass, è perchè non contiéne che due posti, e mia sorella ed io li occupiamo già.