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michele strogoff


— No, rimani, Nadia. L’iemschik rimarrà presso di te.... io non voglio lasciarlo solo....

— Rimarrò, rispose Nadia.

— Qualunque cosa accada, non lasciar questo riparo.

— Mi ritroverai dove sono.

Michele Strogoff strinse la mano della compagna e valicando la svolta della scarpa sparve subito nell’ombra.

— Tuo fratello ha torto, disse l’iemschik alla giovinetta.

— Ha ragione, rispose semplicemente Nadia.

Frattanto Michele Strogoff risaliva rapidamente la via. Se egli aveva gran fretta di portar ajuto a coloro che gettavano quelle grida d’angoscia, aveva pure gran desiderio di sapere chi potessero essere i viaggiatori che l’uragano non aveva trattenuto dall’avventurarsi nella montagna, giacchè egli non dubitava che fossero quelli la cui telega aveva sempre preceduto il suo tarentass.

La pioggia era cessata, ma la burrasca raddoppiava di violenza. Le grida portate dalla corrente ammosferica divenivano sempre più distinte. Nel luogo in cui Michele Strogoff aveva lasciato Nadia non si poteva veder più nulla. La strada era sinuosa e la luce dei lampi non lasciava apparire che le prominenze che tagliavano la via. Le raffiche, rompendosi bruscamente contro questi angoli, formavano gorghi difficili da valicare, e bisognava a Michele Strogoff una forza poco comune per resistere.

Ma fu presto evidente che i viaggiatori di cui s’udivano le grida non dovevano più essere lontani. Benchè Michele Strogoff non potesse ancora vederli, sia che fossero stati buttati fuori della