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— 16 — michele strogoff |
mi fa sperare che non durerà molto. Verso le tre comincierà a riapparire il giorno, e la discesa che non possiamo arrischiare nell’oscurità, diventerà, se non facile, almeno possibile dopo il levar del sole.
— Aspettiamo, fratello, rispose Nadia; ma se tu ritardi la tua partenza, non farlo per risparmiarmi fatica o pericolo.
— Nadia, io so che tu sei determinata a sfidare ogni cosa, ma ponendoci a rischio entrambi, più che avventurare la mia vita e la tua, io fallirei al còmpito, al dovere che innanzi tutto devo compiere.
— Un dovere!... mormorò Nadia.
In quella un baleno lacerò il cielo e parve, per così dire, volatilizzare la pioggia. Subito echeggiò un colpo secco, l’aria fu piena d’un odore sulfureo quasi asfissiante, ed un gruppo di gran pini, colpito dal fluido elettrico a venti passi dal tarentass, s’accese come una torcia gigantesca.
L’iemschik, buttato a terra da un urto di rimbalzo, si rialzò fortunatamente senza ferite.
Poi, dopo che gli ultimi brontolii del tuono si furono perduti nella profondità della montagna, Michele Strogoff sentì la mano di Nadia appoggiarsi forte alla sua, ed intese la fanciulla mormorargli queste parole all’orecchio:
— Delle grida, fratello! Ascolta!