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michele strogoff


— Io non ti farò ritardare, fratello, nemmeno un’ora; viaggeremo notte e giorno.

— Ebbene, allora, Nadia, possa l’invasione tartara lasciarci la via libera, e fra due giorni saremo arrivati.

— Hai tu già fatto questo viaggio? disse Nadia.

— Molte volte.

— D’inverno saremmo andati più spediti e più sicuri?

— Sì, più spediti senza dubbio, ma avresti sofferto molto pel freddo e pelle nevi.

— Che importa? L’inverno è l’amico del Russo.

— Sì, Nadia, ma qual temperamento a tutta prova bisogna avere per resistere a quest’amicizia! Io ho visto tante volte la temperatura scendere nelle steppe siberiane a più di nove gradi sotto zero. Ho sentito, non ostante le mie vestimenta di pelle di renna 1, gelarmisi il cuore, torcersi le mie membra, agghiacciarmisi i piedi sotto le triplici calze di lana! Ho visto i cavalli della mia slitta coperti di uno strato di ghiaccio, il loro alito gelato sulle narici, ho visto l’acquavite della mia fiaschetta tramutata in pietra dura, che il coltello non poteva intaccare, ma la mia slitta filava come l’uragano! Non più ostacoli nella pianura liscia, bianca, sterminata! Non più corsi d’acqua, di cui convenga cercare i passaggi guadabili! Non più laghi da attraversare in battello! Da per tutto il ghiaccio duro, la strada libera, il sentiero assicurato! Ma a prezzo di quale sofferenza, Nadia! Coloro soltanto lo potrebbero

  1. Questa vestimenta è chiamata daka; è leggerissima e tuttavia impenetrabile al freddo.