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— 104 — michele strogoff |
Nadia aveva seguito il compagno nelle sue corse in cerca di un veicolo. Benchè lo scopo fosse differente, entrambi avevano egual fretta d’arrivare, e perciò di partire. Si avrebbe detto che li animasse una medesima volontà.
— Sorella, disse Michele Strogoff, avrei voluto trovare per te un veicolo più comodo.
— E tu dici questo a me, fratello, a me che sarei andata anche a piedi, se fosse stato necessario, a raggiungere mio padre?
— Io non dubito del tuo coraggio, Nadia, ma vi sono fatiche fisiche che una donna non può sopportare.
— Le sopporterò qualunque siano, rispose la giovinetta. Se tu intendi un lamento delle mie labbra, lasciami per via e prosegui il viaggio da solo.
Mezz’ora dopo, in virtù del podarosna, tre cavalli da posta erano aggiogati al tarentass. Questi animali, coperti da un lungo pelo, assomigliavano ad orsi, salvo che avevano le gambe alte. Erano piccini, ma ardenti, perchè di razza siberiana.
Ed ecco come il postiglione, l’iemschik, li aveva aggiogati: uno, il più grande, stava fra due lunghe barelle che portavano all’estremità anteriore un cerchio chiamato duga, carico di fettucce e di sonagli; gli altri due erano semplicemente legati con corde ai marciapiedi del tarentass. Del resto, nessuna bardatura, e per redini nient’altro che una cordicella.
Nè Michele Strogoff, nè la giovane livoniana portavano bagagli. Le condizioni di rapidità, nelle quali si doveva compiere il viaggio dell’uno coi mezzi più che modesti dell’altra, avevano loro