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michele strogoff

chè le lingue non erano sciolte «per ordine,» ma alcuni alti personaggi erano stati informati, più o meno esattamente, degli avvenimenti che si compievano al di là della frontiera. Nondimeno, di ciò che non sapevano forse se non per approssimazione, di ciò di cui non si parlava nemmeno fra’ membri del corpo diplomatico, due invitati, che nessun uniforme o decorazione segnalava in quella splendida folla del Palazzo Nuovo, parlavano a bassa voce, parendo aver ricevute informazioni esatte.

Come mai, e per qual via, questi due semplici mortali sapevano ciò che tanti altri personaggi illustrissimi sospettavano appena? Impossibile dirlo. Era in essi dono di prescienza o di previsione? Possedevano essi un senso supplementare, il quale permetteva loro di vedere al di là dell’orizzonte limitato che chiude ogni sguardo umano? Avevano essi un’abilità tutta propria per scovare le notizie più segrete? E questa abitudine, divenuta in essi seconda abitudine, di vivere delle notizie e per le notizie, aveva forse trasformato il loro essere? Si sarebbe tentato di crederlo.

Di questi due uomini, uno era Inglese, Francese l’altro, magri e lunghi entrambi; questo bruno come i meridionali della Provenza, quello rosso come un gentleman del Lancashire. L’Anglo-Normanno compassato, freddo, flemmatico, parco di movimenti e di parole, sembrava non parlasse o gesticolasse se non sotto la spinta d’una molla, la quale agisse ad intervalli regolari; al contrario il Gallo-Romano, vivace, petulante, si esprimeva colle labbra, cogli occhi, colla mano, tutto in una volta, ed aveva venti maniere di manifestare il suo pensiero, mentre il suo interlocutore sembrava