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54 xvi - temistocle


Aspasia.   Miseri! e noi

ora che far dobbiam?
Neocle.   Mostrarci degni
di sí gran genitore. (risoluto) Andiam, germana,
intrepidi a mirarlo
trionfar di se stesso. Il nostro ardire
gli addolcirá la morte.
Aspasia.   Andiam: ti sieguo...
Oh Dio! non posso: il piè mi trema. (siede)
Neocle.   E vuoi
tanto dunque avvilirti?
Aspasia.   E han tanto ancora
valor gli affetti tui?
Neocle. Se manca a me, l’apprenderò da lui.
          Di quella fronte un raggio,
     tinto di morte ancor,
     m’inspirerá coraggio,
     m’insegnerá virtú.
          A dimostrarmi ardito
     m’invita il genitor:
     sieguo il paterno invito
     senza cercar di piú. (parte)

SCENA V

Aspasia sola.

Dunque di me piú forte

il germano sará? Forse non scorre
l’istesso sangue in queste vene? Anch’io
da Temistocle nacqui. (si leva) Ah! sí, rendiamo
gli ultimi a lui pietosi uffizi. In queste
braccia riposi, allor che spira. Imprima
su la gelida destra i baci estremi
l’orfana figlia; e, di sua man chiudendo