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42 xvi - temistocle


l’amor del patrio nido. Amano anch’esse

le spelonche natie le fiere istesse.
Serse. (Ah! d’ira avvampo.) Ah! dunque Atene ancora
ti sta nel cor? Ma che tanto ami in lei?
Temistocle. Tutto, signor: le ceneri degli avi,
le sacre leggi, i tutelari numi,
la favella, i costumi,
il sudor che mi costa,
lo splendor che ne trassi,
l’aria, i tronchi, il terren, le mura, i sassi.
Serse. Ingrato! e in faccia mia (scende dal trono)
vanti con tanto fasto
un amor che m’oltraggia?
Temistocle.   Io son...
Serse.   Tu sei
dunque ancor mio nemico. Invan tentai
co’ benefizi miei...
Temistocle.   Questi mi stanno,
e a caratteri eterni,
tutti impressi nel cor. Serse m’addíti
altri nemici sui:
ecco il mio sangue, il verserò per lui.
Ma della patria a’ danni
se pretendi obbligar gli sdegni miei,
Serse, t’inganni: io morirò per lei.
Serse. Non piú: pensa e risolvi. Esser non lice
di Serse amico e difensor d’Atene:
scegli qual vuoi.
Temistocle.   Sai la mia scelta.
Serse.   Avverti:
del tuo destin decide
questo momento.
Temistocle.   Il so pur troppo.
Serse.   Irríti
chi può farti infelice.
Temistocle. Ma non ribelle.