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atto primo 249


senza ragion non ricorriam; ché spesso

l’immaturo riparo
sollecita un periglio.
Danao. (l’abbraccia)  Oh saggio, oh vero
sostegno del mio trono!
Va’: tutto alla tua fede io m’abbandono.
Adrasto.   Piú temer non posso ormai
     quel destin che ci minaccia:
     il coraggio io ritrovai
     fra le braccia — del mio re.
          Giá ripieno è il mio pensiero
     di valore e di consiglio:
     par leggiero — ogni periglio
     all’ardor della mia fé. (parte)

SCENA VIII

Danao, poi Ipermestra.

Danao. Giunse Linceo dal campo, e a me finora

non comparisce innanzi! Ah! troppo è chiaro
che la figlia parlò. Ma vien la figlia.
Placido mi ritrovi; e lo spavento
non le insegni a tacer.
Ipermestra.   Posso, o signore,
sperar che i prieghi miei
m’ottengano da te che pochi istanti
senza sdegno m’ascolti?
Danao.   E quando mai
d’ascoltarti negai? Teco io non uso
sí rigidi costumi:
parla a tua voglia.
Ipermestra.   (Or m’assistete, o numi.)
Danao. (Mi scoprí: vuol perdono.)
Ipermestra. Ebbi la vita in dono,