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atto terzo | 227 |
SCENA VI
Demetrio, poi Berenice.
compisci or l’opra. Il genitore è salvo,
ma suo rival tu sei. Depor conviene
o la vita o l’amor. La scelta è dura;
ma pur... Vien Berenice. Intendo. Oh dèi!
giá decide quel volto i dubbi miei.
Berenice. Oh illustre, oh amabil figlio! oh prence invitto,
gloria del suol natio,
cura de’ numi, amor del mondo e mio!
Demetrio. (Ove son!) Principessa,
qual trasporto, quai nomi!
Berenice. E chi potrebbe,
chi non amarti, o caro? È salvo il regno,
libero il padre, ogni nemico oppresso,
sol tua mercé. S’io non t’amassi...
Demetrio. Ah! taci;
il dover nostro...
Berenice. Ad un amor, che nasce
da tanto merto, è debil freno.
Demetrio. Oh Dio!
Amarmi a te non lice.
Berenice. Il ciel, la terra,
gli uomini, i sassi, ognun t’adora; io sola
virtú sí manifesta
perché amar non dovrò? Che legge è questa?
Demetrio. La man promessa...
Berenice. È maggior fallo il darla
senza il cor, che negarla. Io stessa in faccia
al mondo intero affermerò che sei
tu la mia fiamma, e che non è capace
d’altra fiamma il mio core.