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atto terzo 225


SCENA V

Clearco e detti; Ismene in fine.

Clearco.   Mio re, chi mai

dalla tua man la real gemma ottenne?
Alessandro. Ecco, e vedi in qual guisa. (additando Demetrio)
Clearco.   Oh ciel! che tenti?
Quel nudo acciar... (in atto di snudar la spada)
Demetrio. (afferra di nuovo Alessandro, e minaccia di ferirlo)
  Non appressarti, o in seno
d’Alessandro l’immergo.
Clearco.   Ah, ferma! (Come
porgergli aita?) O lascia il ferro, o il padre
volo fra’ ceppi a ritener. (in atto di partire)
Demetrio.   Se parti,
vibro il colpo fatale. (accenna di ferire)
Clearco.   Ah, no! (Qual nuova
spezie mai di furor!) Prence, e non vedi...
Demetrio. No; la benda ho sul ciglio.
Clearco. Dunque Demetrio è un reo?
Demetrio.   Demetrio è un figlio.
Clearco. Non toglie questo nome
alle colpe il rossor.
Demetrio.   Chi salva un padre,
non arrossisce mai.
Clearco.   D’un tale eccesso
ah! che dirá chi t’ammirò finora?
Demetrio. Che ha il Manlio suo la Macedonia ancora.
Alessandro. Non piú, Clearco: il reo punisci. Io dono
giá la difesa alla vendetta. Assali,
ferisci, uccidi: ogni altro sforzo è vano.
Ismene. Corri, amato germano. (lieta e frettolosa)
siegui i miei passi. Il tuo coraggio ha vinto: