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ATTO TERZO
SCENA I
Fondo d’antica torre, corrispondente a diverse prigioni,
delle quali una è aperta.
Antigono, Ismene, indi Clearco con due guardie.
abborrisco, ricuso. Io Berenice
cedere al mio nemico!
Ismene. E qual ci resta
altra speme, signor?
Antigono. Va’: sia tua cura
che ad assalir le mura
Agenore s’affretti:
piú del mio rischio, il cenno mio rispetti.
Ismene. Padre, ah, che dici mai! Sarebbe il segno
del tuo morir quel dell’assalto. Io farmi
parricida non voglio.
Antigono. Or senti. Un fido
veleno ho meco, e di mia sorte io sono
arbitro ognor. Sospenderò per poco
l’ora fatal; ma, se congiura il vostro
tardo ubbidir col mio destin tiranno,
io so come i miei pari escon d’affanno.
Ismene. Gelar mi fai. Deh!...
Clearco. Che ottenesti, Ismene?
Risolvesti, signor?
Antigono. Sí: ad Alessandro