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14 | xvi - temistocle |
dal padre intanto a disprezzare impara.
Al furor d’avversa sorte
piú non palpita e non teme
chi s’avvezza, allor che freme,
il suo volto a sostener.
Scuola son d’un’alma forte
l’ire sue le piú funeste,
come i nembi e le tempeste
son la scuola del nocchier. (parte)
SCENA IV
Aspasia e poi Rossane.
che tremar non mi senta.
Rossane. Aspasia, io deggio
di te lagnarmi. I tuoi felici eventi
perché celar? Se non amica, almeno
ti sperai piú sincera.
Aspasia. (Ah! tutto intese.
Temistocle è scoperto.)
Rossane. Impallidisci!
non parli! È dunque ver? Sí gran nemica
ho dunque al fianco mio?
Aspasia. Deh! principessa...
Rossane. Taci, ingrata! Io ti scopro
tutta l’anima mia, di te mi fido;
e tu m’insidi intanto
di Serse il cor!
Aspasia. (D’altro ragiona.)
Rossane. È questa
de’ benefizi miei
la dovuta mercé?