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96 | xvii - zenobia |
con maligne ragioni
la gloria femminil, ditemi voi
se han virtú piú sublime i nostri eroi.
Zopiro. Dove, principe, dove
t’aggiri mai? Cosí m’attendi?
Radamisto. Ah! vieni,
de’ miei prosperi eventi
vieni a goder. La mia Zenobia...
Zopiro. È in vita,
lo so.
Radamisto. Lo sai?
Zopiro. Cosí mi fosse ignoto!
Radamisto. Perché?
Zopiro. Perché... Non lo cercar. Di lei
scòrdati, Radamisto: è poco degna
dell’amor tuo.
Radamisto. Ma la cagion?
Zopiro. Che giova
affliggerti, o signor?
Radamisto. Parla: m’affliggi
piú col tacer.
Zopiro. Dunque ubbidisco. Io vidi
la tua sposa infedel... Ma giá cominci,
principe, a impallidir! Perdona: è meglio
ch’io taccia.
Radamisto. Ah! se non parli... (minacciando)
Zopiro. E ben, tu il vuoi
non lagnarti di me. Poc’anzi io vidi
qui col suo Tiridate
la tua sposa infedel: parlar d’amore
gli udii celato. Ei rammentava a lei
le sue promesse; ella giurava a lui
che l’antica nel sen fiamma segreta
ognor piú viva...
Radamisto. Ah! mentitor, t’accheta.