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94 xvii - zenobia


celatevi, o compagni. Eccolo: all’opra....

Ma vien seco una ninfa.
Che sia solo attendiam. (si nasconde)

SCENA V

Radamisto, Egle, e Zopiro in disparte.

Radamisto.   Non ingannarmi,

cortese pastorella. Il farsi giuoco
degl’infelici è un barbaro diletto,
troppo indegno di te.
Egle.   No, non t’inganno:
vive la sposa tua. Trafitta il seno,
io dall’onde la trassi, e con periglio
di perir seco.
Radamisto.   Oh amabil ninfa! oh mio
nume liberator! Dunque si trova
tanta pietá ne’ boschi? Ah! sí, la vera
virtú qui alberga; il cittadino stuolo
sol la spoglia ha di quella, o il nome solo.
Egle. Attendimi: siam giunti.
Vado Zenobia ad avvertir. (entra nella capanna)
Radamisto.   M’affretto
impaziente a rivederla, e tremo
di presentarmi a lei. M’accende amore;
il rimorso m’agghiaccia.
Egle. (tornando)  In altra parte
Zenobia andò: non la ritrovo.
Radamisto.   Oh dèi!
Egle. Non ti smarrir, ritornerá: va in traccia
forse di noi.
Radamisto.   No; m’abborrisce, evita
d’incontrarsi con me. Non la condanno;
è giusto l’odio suo; minor castigo,
Egle, non meritai.