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atto primo | 81 |
inabile a ferir l’arco si rende.
Il meritar son le tue parti, e sono
il premiarti le mie. Se il prence, il figlio
degnamente le sue compí finora,
il padre, il re le sue compisca ancora.
Timante. (Opportuno è il momento: ardir!) Conosco
tanto il bel cor del mio
tenero genitor, che...
Demofoonte. No, non puoi
conoscerlo abbastanza. Io penso, o figlio,
a te piú che non credi;
io ti leggo nell’alma, e quel che taci
intendo ancor. Con la tua sposa al fianco
vorresti ormai che ti vedesse il regno.
Di’: non è ver?
Timante. (Certo ei scoperse il nodo
che mi stringe a Dircea.)
Demofoonte. Parlar non osi;
e a compiacerti appunto
il tuo mi persuade
rispettoso silenzio. Io, lo confesso,
dubitai su la scelta; anzi mi spiacque.
L’acconsentire al nodo
mi pareva viltá. Gli odii del padre
abboría nella figlia. Alfin prevalse
il desio di vederti
felice, o prence.
Timante. (Il dubitarne è vano.)
Demofoonte. A paragon di questo,
è lieve ogni riguardo.
Timante. Amato padre,
nuova vita or mi dai. Volo alla sposa,
per condurla al tuo piè.
Demofoonte. Ferma! Cherinto,
il tuo minor germano,
la condurrá.