Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto terzo | 63 |
Licida. Meco venne,
meco in Elide è giunto.
Clistene. Questo Aminta si cerchi.
Argene. Eccolo appunto.
SCENA ULTIMA
Aminta e detti.
Clistene. T’accheta!
Rispondi, e non mentir. Questo monile
donde avesti?
Aminta. Signor, da mano ignota
giá scorse il quinto lustro
ch’io l’ebbi in don.
Clistene. Dov’eri allor?
Aminta. Lá dove
in mar, presso a Corinto,
sbocca il torbido Asopo.
Alcandro. (guardando attentamente Aminta) (Ah! ch’io rinvengo
delle note sembianze
qualche traccia in quel volto. Io non m’inganno:
certo egli è desso.) Ah! d’un antico errore,
(inginocchiandosi)
mio re, son reo. Deh! mel perdona: io tutto
fedelmente dirò.
Clistene. Sorgi! favella!
Alcandro. Al mar, come imponesti,
non esposi il bambin: pietá mi vinse.
Costui, straniero, ignoto,
mi venne innanzi, e gliel donai, sperando
che in rimote contrade
tratto l’avrebbe.