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atto primo | 289 |
è il sangue tuo, ma pur lo voglio.
Arpalice. Affrena
gli sdegni tuoi. Necessitato e senza
saperlo, egli t’offese. Imita, imita
la clemenza de’ numi.
Mandane. I numi sono
per me tiranni: in cielo
non v’è pietá, non v’è giustizia...
Arpalice. Ah! taci:
il dolor ti seduce. Almen gli dèi
non irritiam.
Mandane. Ridotta a questo segno,
non temo il loro sdegno,
non bramo il loro aiuto:
il mio figlio perdei, tutto ho perduto.
Rendimi il figlio mio:
ah! mi si spezza il cor.
Non son piú madre, oh Dio!
non ho piú figlio.
Qual barbaro sará,
che, a tanto mio dolor,
non bagni per pietá
di pianto il ciglio? (parte)
SCENA XIII
Arpalice e Ciro.
quella madre dolente.
Arpalice. Ho troppo io stessa
di conforto bisogno e di consiglio.
Ciro. E che mal sí t’affligge?
Arpalice. Il tuo periglio.