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varianti 85



SCENA VII [IV]

Semiramide, poi Scitalce.

Semiramide. Che vuol dir quello sdegno?

Chi lo destò? Son io
forse nota al german? Scitalce è noto?
Oh Dio! Per me pavento,
tremo per lui. Che far dovrò? Consiglio
io non trovo al periglio.
Almeno in tanto affanno
ritrovassi placato il mio tiranno! (s’incontra in Scitalce)
Scitalce. Basta la mia dimora? E fin a quando
deggio un vile apparir? M’uccidi, o rendi
al braccio, al piè la libertade e l’armi.
Semiramide. Tu ancora a tormentarmi
con la sorte congiuri? Ah! siamo entrambi
in gran periglio. Io temo
che Mirteo ci conosca. Ai detti suoi,
all’insolito sdegno
quasi chiaro si scorge; e, se mai vero
fosse il sospetto, egli vorrá col sangue
punir la nostra fuga; e, quando invano
pur la tentasse, al popolo ingannato
il tumulto potria farmi palese.
Sollecito riparo
chiede la sorte mia. Pensaci, o caro.
Scitalce. Rendimi il brando, e poi
faccia il destino.
Semiramide.   Un periglioso scampo
questo saria. Ve n’è un miglior.
Scitalce.   Non voglio
da te consigli.
Semiramide.   Ascolta:
non ti sdegnare. Un imeneo potrebbe
tutto calmar. La mano
se a me tu porgi...
Scitalce. (in atto di partire)  Eh! l’ascoltarti è vano.