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atto secondo 39
I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?

Tu puoi pensarlo?
Scitalce.   Udite! Ella s’offende,
come mai non avesse
tentato il mio morir, com’io veduto
non avessi il rival, come se alcuno
non m’avesse avvertito il mio periglio!
Rivolgi altrove, o menzognera, il ciglio.
Semiramide. Che sento! E chi t’indusse
a credermi sí rea?
Scitalce.   So che ti spiacque:
la tua frode svaní: dell’innocenza
i numi ebber pietá.
Semiramide.   Quei numi istessi,
se v’è giustizia in cielo,
dell’innocenza mia facciano fede.
Io tradir l’idol mio! Tu fosti e sei
luce degli occhi miei,
del mio tenero cor tutta la cura.
Ah! se il mio labbro mente,
di nuovo ingiustamente,
come giá fece Idreno,
torni Scitalce a trapassarmi il seno.
Scitalce. Tu vorresti sedurmi un’altra volta.
Perfida! m’ingannasti:
trionfane, e ti basti.
Piú le lagrime tue forza non hanno.
Semiramide. Invero è un grande inganno
a uno straniero in braccio
se stessa abbandonar, lasciar per lui
la patria e il genitore!
Se questo è inganno, e qual sará l’amore?
Scitalce. Eh! ti conosco.
Semiramide.   E mi deride! Udite
se mostra de’ suoi falli alcun rimorso!
Io priego, egli m’insulta;