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355 | atto terzo |
pensa a te stessa. Al vincitor t’ascondi,
se t’è cara la vita.
Eurinome. Io non la curo,
se non trovo Learco.
Rodope. Un nome obblia,
ch’odio è del mondo, e tua vergogna e mia.
Eurinome. Tanto sdegno perché? Tu lo salvasti...
Rodope. E ne sento dolor.
Eurinome. Spero che sia
simulata quest’ira. Un’altra volta
dicesti ancor che lo bramavi oppresso,
e l’adoravi allor.
Rodope. Ma l’odio adesso.
Odia la pastorella
quanto bramò la rosa,
perché vicino a quella
la serpe ritrovò;
né il vol mai piú raccoglie
l’augel tra quelle foglie,
dove invischiò le piume,
e appena si salvò. (parte)
SCENA VII
Eurinome sola.
me stessa perderò. Ma che mi giova
senza lui questa vita? È reo Learco;
lo so, ma l’amo; ed i delitti suoi
m’involano il riposo,
ma non l’amor. Piú cresce l’odio altrui,
piú mi sento per lui
tutto il sangue gelar di vena in vena.
Giusti dèi! L’esser madre è premio o pena?