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343 | atto secondo |
di quest’orride sponde, intendo, intendo:
l’innocenza è delitto. È poco il sangue
di cui miro vermiglio il suol natio:
saziatevi una volta; eccovi il mio. (vuol ferirsi)
Giasone. Férmati. (la trattiene)
Issipile. Che pretendi?
Chi la mia morte a trattener ti muove?
Giasone. Mori, se vuoi morir; ma mori altrove.
(le toglie e getta lo stile)
Issipile. Almen...
Giasone. Lasciami in pace.
Issipile. Ascoltami.
Giasone. Non voglio.
Issipile. Uccidimi.
Giasone. Non posso.
Issipile. Un sguardo solo.
Giasone. È delitto il mirarti.
Issipile. Idol mio, caro sposo.
Giasone. O parto, o parti.
Issipile. Parto, se vuoi cosí;
ma questa crudeltá
forse ti costerá
qualche sospiro.
Conoscerai l’error;
ma il tardo tuo dolor
ristoro non sará
del mio martíro. (parte)
SCENA XIII
Giasone, poi Toante.
Vi seducea quel pianto
durando anche un momento, affetti miei.