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325 | atto primo |
che ardí macchiar lo scellerato acciaro
nelle vene d’un padre.
Lasciami.
Issipile. Se t’inganni!
Rodope. Agli occhi miei
dunque non crederò? Nel regio albergo
io vidi il re trafitto, e tremo ancora
di spavento e d’orror.
Issipile. Vedesti, amica,
invece di Toante... Alcun s’appressa.
Senti. Al bosco m’attendi
sacro a Diana. Apprenderai l’arcano,
e giovar mi potrai.
SCENA XII
Eurinome e dette.
mancò di fede.
Issipile. Onde il timor?
Eurinome. Respira
un de’ nostri tiranni. Ei fu sorpreso
in questo, che dal porto
introduce alla reggia, angusto varco.
Issipile. (Ah! forse è il padre mio.)
Rodope. (Forse è Learco!)
Issipile. Ravvisar lo potesti? (ad Eurinome)
Rodope. È noto il nome suo? (ad Eurinome)
Eurinome. Fra l’ombre avvolto,
distinguer non si può. Ma d’armi è cinto,
ed ostenta coraggio.
Rodope. È preso? (ad Eurinome)
Issipile. (ad Eurinome) È vinto?