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atto secondo | 25 |
pegno dell’amor mio.
Scitalce. (Finge costanza.)
Ah! se quello foss’io,
chi piú di me saria felice?
Semiramide. (Ingrato!)
Ircano. Come mai del tuo fato (a Scitalce)
puoi dubitar? Saggia è Tamiri, e vede
che il piú degno tu sei.
Mirteo. Che ascolto! Ircano,
chi mai ti rese umano?
Dov’è il tuo foco e l’impeto natio?
Ircano. Comincio, amico, ad erudirmi anch’io.
Tamiri. Cosí mi piaci.
Mirteo. È molto.
Scitalce. (a Tamiri ed a Semiramide) Io non intendo
se da senno o per gioco
parla così.
Ircano. (M’intenderai fra poco.)
Semiramide. Piú non si tardi. Ognuno
la mensa onori; e intanto
misto risuoni a liete danze il canto.
Dopo seduta nel mezzo Semiramide, siedono alla destra di lei Tamiri, e poi Scitalce; alla sinistra Mirteo, poi Ircano: Sibari è in piedi appresso Ircano.
fidi sposi, al vostro cor:
Imeneo la face accenda
la sua face accenda Amor.
Parte del coro. Fredda cura, atro sospetto
non vi turbi e non v’offenda;
e d’intorno al regio letto
con purissimo splendor
Coro. Imeneo la face accenda,
la sua face accenda Amor.