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atto secondo | 285 |
piú dell’usato,
ancor che s’agiti
con lieve fiato,
face, che palpita
presso al morir.
Se consolarmi
voi non potete,
perché turbarmi,
perché volete
la forza accrescere
del mio martír? (parte)
SCENA XIV
Fenicio e Barsene.
intendere io non so. La nobil cura
della gloria di lei troppo ti preme.
Sensi cosí severi
nel cor d’una donzella
figurarmi non posso. Altro interesse,
sotto questi d’onor sensi fallaci,
nascondi in sen. Ma t’arrossisci e taci?
Parla. Saresti mai
rival di Cleonice? Io ben ti vidi
talor gli occhi ad Alceste
volger furtivi e sospirar. Ma tanto
ingrata non sarai. La tua regina
querelarsi a ragion di te potria.
Barsene. Ma, se l’amo, o Fenicio, è colpa mia?
Saria piacer, non pena,
la servitú d’amore,
quando la sua catena