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atto secondo 275


un periglioso inciampo

togliendo alla tua gloria.
Cleonice.   E chi ti rese
sí geloso custode
del mio decoro e della gloria mia?
Avresti mai potuto,
Fenicio, preveder questa sventura?
Il mondo tutto a danno mio congiura.
          Nacqui agli affanni in seno;
     e dall’infausta cuna
     la mia crudel fortuna
     venne finor con me.
          Perdo la mia costanza,
     m’indebolisce amore;
     e poi del mio rossore
     né meno ho la mercé. (parte)

SCENA VIII

Fenicio, Olinto e Barsene.

Olinto. Signor, di Cleonice

non vidi mai piú stravagante ingegno.
Odia in un punto ed ama:
or Alceste dimanda, or lo ricusa;
e delle sue follie poi gli altri accusa.
Fenicio. Cosí la tua sovrana,
temerario, rispetti? Impara almeno
a tacere una volta. Ah! ch’io dispero
di poterlo emendar.
Barsene.   Matura il senno
al crescer dell’etade. Olinto ancora
degli anni è su l’april.
Fenicio.   Barsene, anch’io
scorsi l’april degli anni: e folto e biondo