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242 ix - demetrio


al maturo consiglio; affretta invano,

invan brama il momento
giá promesso da te per suo conforto:
e ti lagni di noi? Ti lagni a torto.
Cleonice. E ben, se tanto il regno
confida a me, di pochi istanti ancora
non mi nieghi l’indugio.
Olinto.   Oh Dio! regina,
tante volte deluse
fûr le nostre speranze,
che si teme a ragion. Due lune intere
donò Seleucia al tuo dolor pietoso
dovuto al genitor. Del terzo giro
il termine è vicino,
e non risolvi ancor. Di tua dimora
quando un sogno funesto,
quando un infausto di timida accusi.
Or dici che vedesti
a destra balenar; or che su l’ara
sorse obliqua la fiamma; or che i tuoi sonni
ruppe d’augel notturno il mesto canto;
or che dagli occhi tuoi
cadde improvviso e involontario il pianto.
Cleonice. Fu giusto il mio timor.
Olinto.   Dopo sí lievi
mendicati pretesti, in questo giorno
sceglier prometti. Impaziente e lieto
tutto il regno raccolto
previene il dí. Ciascun s’adorna, inteso
con ricca pompa a comparirti avanti.
Chi di serici ammanti,
sudati giá dalle sidonie ancelle;
chi di sanguigne lane,
che Tiro colori, le membra avvolge.
In su la fronte a questi
vedi tremar fra i lunghi veli attorti