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atto terzo 205


che tu il fulmine accendi

che opprimer ti dovrá?
Osroa.   Smania, o superbo:
son le tue furie il mio trionfo.
Adriano.   Oh numi!
Qual rabbia! qual veleno!
che sguardi! che parlar! Tanto alle fiere
può l’uomo assomigliar! Stupisco a segno
che scema lo stupor forza allo sdegno.
          Barbaro, non comprendo,
     se sei feroce o stolto:
     se ti vedessi in volto,
     avresti orror di te.
          Orsa nel sen piagata,
     serpe nel suol calcata,
     leon ch’apre gli artigli,
     tigre che perda i figli,
     fiera cosí non è. (parte)

SCENA VI

Osroa ed Emirena.

Osroa. Figlia, s’è ver che m’ami, ecco il momento

di farne prova. Un genitor soccorri,
che ti chiede pietá.
Emirena.   Se basta il sangue,
è tuo: lo spargerò.
Osroa.   Toglimi all’ire
del tiranno roman. Senza catene
ti veggo pur.
Emirena.   Sí: ci conobbe Augusto
d’ogn’insidia innocenti, e le disciolse
a Farnaspe ed a me. Ma qual soccorso
perciò posso recarti?