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200 viii - adriano in siria


          Piú bella al tempo usato

     fan germogliar la vite
     le provvide ferite
     d’esperto agricoltor.
          Non stilla in altra guisa
     il balsamo odorato,
     che da una pianta incisa
     dall’arabo pastor. (nel partire s’incontra in Adriano)

SCENA III

Adriano ed Aquilio.

Adriano. Aquilio, che ottenesti?

Aquilio. Nulla, signore: è risoluta e vuole
partir Sabina.
Adriano.   Ah! se sdegnata è meco,
ha gran ragion.
Aquilio.   Ma moderate a segno
son le querele sue, che d’altro amante
la credo accesa. Io giurerei che serve
l’incostanza d’Augusto
di pretesto alla sua.
Adriano.   No, non mi piace
questa soverchia pace. Andiamo a lei.
Aquilio. Ma, signor, ti scordasti
del re de’ parti. Il mio consiglio accetti;
vuoi tentar di placarlo, a te lo chiami;
ei vien, t’attende; e nel compir l’impresa
ti confondi e vacilli?
Adriano.   Ah! tu non sai
qual guerra di pensieri
agita l’alma mia. Roma, il senato,
Emirena, Sabina,
la mia gloria, il mio amor, tutto ho presente;