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varianti 87


SCENA V


Selene e detti.


Selene. Partí da’ nostri lidi
Enea? Che fa? Dov’è?
Osmida.  Nol so.
Araspe.  Nol vidi.
Selene. Oh Dio! Che piú ci resta,
se lontano da noi la sorte il guida?
Araspe. È teco Araspe.
Osmida.  E ti difende Osmida.
Selene. Pria che manchi ogni speme,
vado in traccia di lui. (in atto di partire)
Osmida.  Ferma, Selene.
Se non gli sei ritegno,
piú pace avranno e la regina e ’l regno.
Selene. Intendo i detti tuoi:
so perché lungi il vuoi.
Araspe. (a Selene)  Con troppo affanno
di arrestarlo tu brami.
Perdona l’ardir mio: temo che l’ami.
Selene. Se a te della germana
fosse noto il dolore,
la mia pietá non chiameresti amore.
Osmida. Tanta pietá per altri a che ti giova? (a Selene)
Ad un cor generoso
qualche volta è viltá l’esser pietoso.
Selene. Sensi d’alma crudel.

SCENA VI [IV]

Iarba con guardie, e detti.

Iarba.  Non son contento,
se non trafiggo Enea.
Selene.  (Numi, che sento!)
Araspe. Mio re, qual nuovo affanno
t’ha cosí di furor l’anima accesa?