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84 | i - didone abbandonata |
Veggio la sponda,
sospiro il lido,
e pur dall’onda
fuggir non so.
Se il mio dolore
scoprir diffido,
pietoso Amore,
che mai farò? (parte)
ATTO TERZO
SCENA I
Enea. Compagni invitti a tollerare avvezzi
. . . . . . . . . . . . . . . . .
è tempo giá di rispiegar le vele.
Quegl’istessi voi siete,
che intrepidi varcaste il mar sicano.
Per voi, sdegnato, invano
di Cariddi e di Scilla
fra’ vortici sonori
tutti adunò Nettuno i suoi furori.
Per sí strane vicende
all’impero latino il ciel ne guida.
Andiamo, amici, andiamo
. . . . . . . . . . . . . . . . .
e dolce fia di rammentargli un giorno (al suono di vari stromenti siegue l’imbarco, e, nell’atto che Enea sta per salir sulla nave, esce Iarba).
SCENA II
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Enea. Ecco un novello inciampo!
Iarba. Fuggi, fuggi, se vuoi;
ma non lagnarti poi,
se della fuga tua Iarba si ride.