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varianti 395


trovar di crudeltá. L’empio m’addita,
palesa il traditor, scoprilo ormai.
Alessandro. Prendi, leggi quel foglio, e lo saprai. (gli dá il foglio)
Timagene. (Stelle! il mio foglio! Ah, son perduto! Asbite
mancò di fé.)
Alessandro.  Tu impallidisci e tremi!
Perché taci cosí? Perché lo sguardo
fissi nel suol? Guardami! parla! E dove
andò quel zelo? È tempo
di porre in opra i tuoi consigli. Inventa
armi di crudeltá. Tu m’insegnasti
che indegno di pietá colui si rese,
che mi tradí, che l’amicizia offese.
Timagene. Ah, signore, al tuo piè... (in atto d’inginocchiarsi)
Alessandro.  Sorgi. Mi basta
per ora il tuo rossor. Ti rassicura
nel mio perdono; e, conservando in mente
del fallo tuo la rimembranza amara,
ad esser fido un’altra volta impara.
Sérbati a grandi imprese, ecc.

SCENA VII [V]

Timagene, indi Poro.

Timagene. Oh perdono! Oh delitto
Oh rimorso! Oh rossore!
.    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    
Timagene. La promessa d’un fallo
non obbliga a compirlo.
Poro.  E pur quel foglio...
Timagene. L’abborro, lo calpesto,
e la mia debolezza in lui detesto. (lacera il foglio)
          Finché rimango in vita, ecc.