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atto primo | 317 |
Alessandro. Agli empi, o Timagene,
si raddoppino i lacci,
che si tolgono a lei. Tornino a Poro
gl’infidi ed Erissena:
questa alla libertá, quelli alla pena.
(due comparse sciolgono Erissena ed incatenano gl’indiani)
Erissena. Generosa pietá!
Timagene. Signor, perdona:
se Alessandro foss’io, direi che molto
giova se resta in servitú costei.
Alessandro. S’io fossi Timagene, anche il direi.
Vil trofeo d’un’alma imbelle
è quel ciglio allor che piange:
io non venni insino al Gange
le donzelle a debellar.
Ho rossor di quegli allori,
che non han fra’ miei sudori
cominciato a germogliar. (parte)
SCENA IV
Erissena e Timagene.
Timagene. (Oh rimprovero acerbo,
che irrita l’odio mio!)
Erissena. Questo è Alessandro?
Timagene. È questo.
Erissena. Io mi credea
che avessero i nemici
piú rigido l’aspetto,
piú fiero il cor. Ma sono
tutti i greci così?
Timagene. (Semplice!) Appunto.
Erissena. Quanto invidio la sorte
delle greche donzelle! Almen fra loro
fossi nata ancor io!