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314 v - alessandro nell'indie


Gandarte. È periglio privato. In me non perde
l’India il suo difensor. Porgi, t’affretta:
non abbiam che un istante.
Poro.  Ecco, o mio fido,
(si leva il proprio cimiero e lo pone sul capo a Gandarte)
sul tuo crine il mio serto. Ah! sia presagio
di grandezze future.
Gandarte. E vengano con lui le tue sventure. (parte)

SCENA II

Poro, poi Timagene con ispada nuda e séguito de’ greci, indi Alessandro.

Poro. Invano, empia fortuna,
il mio coraggio indebolir tu credi. (in atto di partire)
Timagene. Guerrier, t’arresta, e cedi
quell’inutile acciaro. È piú sicuro
col vincitor pietoso inerme il vinto.
Poro. Pria di vincermi, oh quanto
e di periglio e di sudor ti resta!
Timagene. Su, macedoni, a forza
l’audace si disarmi.
Poro. (volendo difendersi, gli cade la spada). Ah Stelle ingrate!
Il ferro m’abbandona.
Alessandro.  Olà! fermate.
Abbastanza finora
versò d’indico sangue il greco acciaro.
Macchia la sua vittoria
vincitor che ne abusa. (a Timagene) I miei seguaci
abbian virtude alla fortuna eguale.
Timagene. Fia legge il tuo voler. (parte)
Poro.  (Questi è il rivale.)
Alessandro. Guerrier, dimmi chi sei?