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atto secondo | 287 |
La mia costanza
non si sgomenta;
non ha speranza,
timor non ha.
Son giunta a segno
che mi tormenta,
piú del tuo sdegno,
la tua pietá. (parte)
SCENA XV
Valentiniano e Massimo.
Massimo. (Or giova il simular.) No, non sia vero
che per vergogna mia viva costei.
Cesare, io corro a lei:
voglio passarle il cor.
Valentiniano. T’arresta, amico.
S’ella muore, io non vivo. Ancor potrebbe
quell’ingrata pentirsi.
Massimo. Al tuo comando
con pena ubbidirò. Troppo a punirla
il dover mi consiglia.
Valentiniano. Perché simile a te non è la figlia?
Massimo. Col volto ripieno
di tanto rossore,
piú calma nel seno,
piú pace non ho.
Oh, quanti diranno
che il perfido inganno
dal suo genitore
la figlia imparò! (parte)