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280 | iv - ezio |
SCENA XII
Fulvia e detti.
Fulvia. Augusto, ah, rassicura
i miei timori! È il traditor palese?
È in salvo la tua vita?
Valentiniano. E Fulvia ha tanta
cura di me?
Fulvia. Puoi dubitarne? Adoro
in Cesare un amante, a cui fra poco
con soave catena
annodarmi dovrò. (So dirlo appena.)
Massimo. (Simula, o dice il ver?)
Valentiniano. Se il mio periglio
amorosa pietá ti desta in seno,
grata al mio cor la sicurezza è meno.
Ma potrò lusingarmi
della tua fedeltá?
Fulvia. Per fin ch’io viva,
de’ miei teneri affetti avrai l’impero.
(Ezio, perdona.)
Massimo. (Io non comprendo il vero.)
Valentiniano. Ah! se d’Ezio non era
la fellonia, saresti giá mia sposa.
Ma cara alla sua vita
costerá la tardanza.
Fulvia. Il gran delitto
dovresti vendicar. Ma chi dall’ira
del popolo, che l’ama,
assicurar ci può? Pensaci, Augusto.
Per te dubbia mi rendo.
Valentiniano. Questo sol mi trattiene.
Massimo. (Or Fulvia intendo.)