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atto secondo | 277 |
Se fosse quel superbo
anche signor dell’universo intero,
non mi speri ottener; mai non fia vero.
Massimo. Or ve’ com’è ciascuno
facile a lusingarsi! E pure ei dice
che ha in pugno il tuo voler, che tu l’adori,
che a suo piacer dispone
d’Onoria innamorata;
che, s’ei vuol, basta un guardo, e sei placata.
Onoria. Temerario! Ah! non voglio
che lungamente il creda. Al primo sposo,
che suddito non sia, saprò donarmi.
Ei vedrá se mancarmi
possan regni e corone,
e s’ei d’Onoria a suo piacer dispone.
(in atto di partire)
SCENA X
Valentiniano e detti.
Valentiniano. Onoria, non partir. Per mio riposo
tu devi ad uno sposo,
forse poco a te caro, offrir la mano.
Questi ci offese, è ver; ma il nostro stato
assicurar dobbiamo. Ei ti richiede;
e al pacifico invito
acconsentir conviene.
Onoria. (Ezio è pentito.)
M’è noto il nome suo?
Valentiniano. Pur troppo. Ho pena,
germana, in profferirlo. Io dal tuo labbro
rimproveri ne attendo. A me dirai
ch’è un’anima superba,
ch’è reo di poca fé, che son gli oltraggi