![]() |
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. | ![]() |
atto primo | 253 |
mi presterá. Che può avvenirne? O cade
Valentiniano estinto, e pago io sono;
o resta in vita, ed io farò che sembri
Ezio il fellon. Facile impresa. Augusto,
invido alla sua gloria,
rivale all’amor suo, senz’opra mia
il reo lo crederá. S’altro succede,
io saprò dagli eventi
prender consiglio. Intanto
il commettersi al caso
nell’estremo periglio
è il consiglio miglior d’ogni consiglio.
Il nocchier, che si figura
ogni scoglio, ogni tempesta,
non si lagni se poi resta
un mendico pescator.
Darsi in braccio ancor conviene
qualche volta alla fortuna;
ché sovente in ciò che avviene
la fortuna ha parte ancor. (parte)
SCENA VI
Camere imperiali istoriate di pitture.
Onoria e Varo.
Onoria. Del vincitor ti chiedo,
non delle sue vittorie: esse abbastanza
note mi son. Con qual sembiante accolse
l’applauso popolar? Serbava in volto
la guerriera fierezza? Il suo trionfo
gli accrebbe fasto, o mansueto il rese?
Questo narrami, o Varo, e non le imprese.
Varo. Onoria, a me perdona
se degli acquisti suoi, piú che di lui,
la germana d’Augusto