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12 | i - didone abbandonata |
Prezzo de’ miei tesori,
e non giá del tuo re, Cartago è dono.
La mia destra, il mio core
quando a Iarba negai,
d’esser fida allo sposo allor pensai.
Or piú quella non son...
Iarba. Se non sei quella...
Didone. Lascia pria ch’io risponda, e poi favella.
Or piú quella non son. Variano i saggi
a seconda de’ casi i lor pensieri.
Enea piace al mio cor, giova al mio trono,
e mio sposo sará.
Iarba. Ma la sua testa...
Didone. Non è facil trionfo; anzi potrebbe
costar molti sudori
questo avanzo di Troia al re de’ mori.
Iarba. Se il mio signore irriti,
verranno a farti guerra
quanti getuli e quanti
numidi e garamanti Africa serra.
Didone. Purché sia meco Enea, non mi confondo.
Vengano a questi lidi
garamanti, numidi, Africa e il mondo.
Iarba. Dunque dirò...
Didone. Dirai
che amoroso nol curo,
che nol temo sdegnato.
Iarba. Pensa meglio, o Didone.
Didone. Ho giá pensato,
(s’alzano)
Son regina e sono amante,
e l’impero io sola voglio
del mio soglio e del mio cor.
Darmi legge invan pretende
chi l’arbitrio a me contende
della gloria e dell’amor. (parte)