Emira. Chiedea Laodice
importuna l’ingresso: acciò non fosse
a te molesta, allontanar la feci. Cosroe. E partí? Emira. Sí, mio re. Cosroe. Vanne, e l’arresta. Emira. Vado. (Mi vuoi tradir?) (a Siroe) Siroe. (Che pena è questa!) Cosroe. Parla: Laodice è tua. Di piú che brami?
Dubbioso ancor ti veggio? Siroe. Sdegno Laodice, e favellar non deggio. Cosroe. Perfido! Alfin tu vuoi (s’alza)
morir da traditor, come vivesti.
Che piú da me vorresti?
Ti scuso, ti perdono;
ti richiamo sul trono;
colei che m’innamora
ceder ti voglio; e non ti basta ancora?
La mia morte, il mio sangue
è il tuo voto, lo so; saziati, indegno!
Solo e senza soccorso
giá teco io son: via! ti soddisfa appieno.
Disarmami, inumano! e m’apri il seno. Emira. E chi tant’ira accende?
Cosí senza difesa
in periglio lasciarti a me non lice.
Eccomi al fianco tuo. Cosroe. Venga Laodice. Siroe. Signor, se amai Laodice,
punisca il ciel... Cosroe. Non irritar gli dèi
con novelli spergiuri.