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atto secondo | 125 |
Emira. Cosí vuoi: non m’oppongo. Almen permetti
ch’io la reggia abbandoni, acciò non dia
di novelli sospetti
colpa l’invidia all’innocenza mia.
Cosroe. Anzi voglio che Idaspe
sempre de’ giorni miei vegli alla cura.
Emira. Io?
Cosroe. Sí.
Emira. Chi m’assicura
della fede di tanti, a cui commessa
è la tua vita? Io debitor sarei
della colpa d’ognun. S’io fossi solo...
Cosroe. E solo esser tu dèi.
Fra le reali guardie
le piú fide tu scegli: a tuo talento
le cambia e le disponi; e sia tuo peso
di scoprir chi m’insidia.
Emira. Al regio cenno
ubbidirò; né dal mio sguardo accorto
potrá celarsi il reo. (Son quasi in porto.)
Sgombra dall’anima
tutto il timor:
piú non ti palpiti
dubbioso il cor;
riposa, e credimi
ch’io son fedel.
Se al mio regnante,
se al dover mio
per un istante
mancar poss’io,
con me si vendichi
sdegnato il ciel. (parte)