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Hanno poi ragione tutti siffatti precettisti a dare l’ostracismo ai dentelli intagliati in quella cornice che porti i modiglioni? I moltissimi esempii dell’antichità e del rinascimento non gliela danno di certo. Ma loro, come ai retori ed ai grammatici, vanno compatite molte cose, in grazia dell’amore per l’arte!

Fornice (Tav. III).— Sottraendo allo stilobate il più basso zoccolo, che non esiste, come vedemmo, e che non potrebbesi considerare mai per tale, l’altezza di tutto l’arco resta di moduli 25, parti 2 e 11/12, sulla larghezza della luce di moduli 16 e 5/6 di parte; cioè l’altezza è una volta e mezzo il diametro dell’arco, secondo trovasi praticato anche in quello di Tito. Parlando di quest’ultimo, Selvatico riprova tale proporzione; ma Canina attesta esser la proporzione più comunemente impiegata. A creder mio (perchè pare che Canina erri alquanto intorno all’Arco di Sergio Lepido a Pola, riportato anche dal Selvatico) solo l’Arco a Traiano in Ancona si eleva di molto, oltre queste proporzioni, e di tanto da cadere in un difetto opposto. Se i fornici della prima maniera si vogliono dir grevi, quest’ultimo è eccessivamente secco con circa tre diametri di altezza, checchè ne dicano gli entusiastici della magrezza, che è un difetto come la pesantezza. E io opino che non già per ragioni di estetica, ma perchè il navigante lo potesse scorgere di lontano, l’artista lo volle costruire così alto. In appoggio di questa supposizione sta pure la esistenza dell’alto stilobate, oltre il proprio, su cui si eleva tutto il monumento, a differenza di altri simiglianti.

Dalle tavole IV e VIII si rileva la grandiosità e bellezza dell’interno del fornice del nostro monumento, interno che stimo di gran lunga superiore a quello di Tito. Le quattro alette che fan da stipiti dell’Arco con cornice intagliata portano per tutta l’altezza un ricco fiore a stelo, nascente da un maestoso acanto, (non caulicolo, come dice Rossi), e sostenente sulla cima l’aquila romana con una specie di scettro fra gli artigli. Non si ravvisa più se col becco portava una corona di alloro, come asserisce il citato autore.

All’imposta dell’Arco ricorre una cornice, che Serlio dice bene intesa, formata di listello, astragalo, fregio e cimasa; i due primi son lisci, l’ultima è finamente intagliata. Per membrature