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arco traiano 45


Ovoli — Questi rispondono avvicendatamente al mezzo dei dentelli e degli spazii, a differenza di quelli del Vignola che vanno tutti al mezzo del dentello.

Gli ovoli del nostro monumento sono tra i più belli esempii che presenti l’architettura romana. Scolpiti in tutto rilievo, appena di poco si attaccano al marmo, con effetto mirabile di prospettiva aerea. Sembrano addirittura degli uovi incastonati nel cercine o guscio, da cui li separa il cavo artisticamente profondato. Ciò non praticavasi per prodigalità di lavoro di scalpello ma per sapiente magistero, per profonde conoscenze dei principii dell’arte. Laddove mancava la luce, come sotto il gocciolatoio, si otteneva il rilievo degli ornati col profondarli di più.

Lacunari — Il lacunare o soffitto del gocciolatoio ha i rosoni variati (Tav. VI). Quello dell’architrave (Tav. IX) ha dei vaghi fiori d’acanto incastonati in un incorniciamento di gola e pianetto.

Considerazioni generali sulla trabeazione — Più che le parole, il disegno dimostra mirabilmente la bellezza di questa trabeazione, dove l’occhio trova un giusto riposo nella ordinata e proporzionata successione delle parti, e la ricca ornamentazione è trattata con gusto elegante, senza disturbo della ricorrenza delle linee e dell’effetto d’insieme. È la sintesi più bella della varietà nell’unità. Serlio istesso la dice molto ben proporzionata al rimanente dell’edifizio: «e benchè la cornice sia alquanto più alta dell’ordine dato da Vitruvio, (ma abbiam visto che non si discosta che di una frazione da quella di Tito) non di meno ella è ben proporzionata.» È quanto dire. Però non sappiamo se questo giudizio sarebbe rimasto lo stesso, ove Serlio avesse saputo che il nostro cornicione ha i dentelli intagliati, contro i quali si scaglia fieramente, quando sieno accoppiati ai modiglioni. Dissi che egli dà un disegno della trabeazione col dentello continuo, e sopra di esso intesse il suo discorso, elogiando l’architetto dell’opera che si sarebbe ispirato ai precetti Vitruviani. Ebbi ragione di credere che Serlio non vide il nostro monumento; ovvero è a pensare che abbia omesso l’intaglio nello schizzare, e poi se ne sia affatto dimenticato. Egli stesso confessa essersi dimenticato degli ornati nel disegnare la cornice d’imposta dell’arcata del fornice.