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parole mie. Consentitemi che di quello stupendo monumento ch’è l’Arco Traiano, io vi intrattenga colle parole stesse del libro di cui trascriverò alcuni fra i più salienti periodi.
Qui riproduce alcuni brani dei due primi fascicoli dell’opera; e poi conchiude con le seguenti parole:
Vorrei continuare, egregi lettori, nella citazione delle parti più salienti di questo lavoro del Meomartini per dimostrare con quanta assennatezza di critica Egli esponga e discuta la parte scultoria del Monumento Beneventano. Ma andrei troppo oltre i confini assegnati a questa rubrica, e certamente, anzicchè accrescere, diminuirei con saltuarie citazioni la bellezza intrinseca di quel pregevole lavoro. Mi par di averne già riferito quanto basti a rendervi edotti dei pregi grandissimi dell’opera, cui son sicuro non mancherà nè la vostra ammirazione nè il vostro incoraggiamento.
Nel fascicolo VII, Anno I, del periodico L’Architettura Pratica, e nel fascicolo VII, vol. III del periodico Memorie di un Architetto, che si pubblicano in Torino dagli editori Camilla e Bertolcro, si contiene un articolo bibliografico sull’opera presente, scritto dall’illustre Ingegnere D. Donghi. Ne stacchiamo il seguente brano:
Confortato dalle parole del Boito «che le nostre Società e Commissioni e Consulte e Giunte archeologiche o non fanno un bel nulla, o ciarlano vanamente.. e che «sino a quando ciascuno degli edificii importanti alla storia, e tanti ne abbiamo in Italia! non sarà parzialmente studiato, illustrato, le considerazioni generali arrischieranno sempre di riuscire parole senza sugo», il Meomartini, in cui già ferveva il desiderio di far qualcosa pel bene dell’arte, fermò la sua attenzione sopra i monumenti beneventani, che, tagliati fuori dalle vie che sogliono percorrere gli artisti e gli amatori delle arti belle nelle loro peregrinazioni in Italia, di rado furono visitati, o solo fugacemente, e tal fiata descritti su indirette relazioni. «I rari scrittori che ne hanno parlato nei loro libri, ne parlarono con pallidi colori e gravi errori, e soltanto dal punto di vista archeologico e quasi niente dal punto artistico. Gli illustri autori patrii ne han trattato più con intelletto di erudito che di artista: gli altri scrittori italiani e stranieri ne han toccato di volo, con poca fortuna di sì