Pagina:Meomartini - I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento.djvu/523


degli obelischi di benevento 487


Traduzione libera dell’obelisco B:

«L’anno VIII sotto la Maestà dell’Oro, toro forte, re del sud e del nord, l’astro (?) amato da tutti gli Dei, figlio del sole, signore dei diademi delle due Regioni, Domiziano vivente in eterno, Lucilio Rufo costruì un edifizio degno ad Iside, la gran signora di Benevento ed agli Dei del suo cielo.

«Il sovrano dei due mondi ordinò di portare questo obelisco per Iside, la gran madre divina, occhio del sole, signora del cielo, sovrana degli Dei tutti, figlia del sole, fra gli Dei della sua città di Benevento.

«Il signore dei Diademi, Domiziano vivente in eterno, ordinò di portarlo;

«Lucilio Rufo pose, Bonum, felix, faustumque sit».

Da queste due iscrizioni apprendiamo che Lucilio Rufo fece costruire in Benevento un tempio ad Iside per ordine di Domiziano. Per conseguenza questi due obelischi sorgevano dinanzi a quel tempio, simmetricamente all’ingresso1. Di tal guisa cade da sè la erronea congettura di De Blasio2 che essi si fossero appartenuti al Circo; non che quella di De Vita3 che si fossero appertenuto al Foro.

I romani, che aveano introdotto in Roma il culto di molte Deità Egizie, sebbene molto più tardi e con una tal quale ripugnanza, vi introdussero anche quello di Iside. Dove sia stato situato questo tempio di Iside in Benevento non sappiamo; e nella incertezza sarebbe ozioso perdersi in vane ipotesi.

Forse nello stesso tempio ebbe posto il Dio Api, il quale, scolpito in granito rosso di Egitto, ora s’innalza sopra di un moderno piedistallo di fianco al viale della Madonna delle Grazie fuori la città, battezzato da una strana iscrizione moderna per bubalum, simbolo delle vittorie dei Sanniti. E ritengo che sia stato in detto tempio, perchè esso va collegato ad Iside. Se questa, secondo Erodoto, fu per gli Egizii non altro che Cerere, il bue Api fu il simbolo del lavoro dei campi. Di più Api, pria di tra-

  1. Adolfo Erman, op. cit. pag. 211.
  2. Alfonso De Blasio, manos. cit.
  3. Alter Antiq. Benev. pag. 418.